La Comunicazione del rischio

La scheda descrive le esperienze realizzate riguardanti le procedure di comunicazione del rischio, ossia lo scambio interattivo di informazioni e pareri riguardanti gli elementi di pericolo e i rischi, i fattori connessi ad esse e la sua percezione, le decisioni in tema di gestione del rischio.

Fase: Emergenza
Settori: Ambiente
Tipo di rischio: Multirischio
Ambito: Sicurezza
Codici SDG : 07-Affordable and clean energy, 12-Responsible consumption and production, 13-Climate action, 15-Life on land, 17-Parterships for the goals
Codici DAC-CRS : 15153-Media and free flow of information, 22030-Radio/television/print media, 43060-Disaster Risk Reduction, 22010-Communications policy and administrative management, 22040-Information and communication technology (ICT)

Raccomandazione

Pianificazione e comunicazione rappresentano le scelte strategiche essenziali per sviluppare interventi in grado di fronteggiare una situazione di emergenza. Per affrontare l’emergenza la comunicazione va pensata, organizzata e affinata per poter poi intervenire velocemente e in modo coordinato. Comunicare significa procedere in modo intenzionale e finalizzato avendo sempre ben presente:

  • Il contenuto del messaggio. Una buona conoscenza del contenuto, un buon bagaglio conoscitivo è alla base del rapporto di fiducia con gli interlocutori.
  • Chi è il target. Le probabilità di successo aumentano se la definizione del target è la più precisa possibile. Diverse tipologie di target hanno bisogni informativi diversi e parlano linguaggi diversi.
  • Il mezzo. La scelta dei mezzi attraverso i quali poter veicolare i messaggi: media, siti web, numero verde, campagne informative, opuscoli informativi, dibattiti pubblici, documentazione, articoli, relazione interpersonale (colloquio faccia a faccia, colloquio telefonico). La scelta del mezzo dipende dal target, dagli obiettivi della comunicazione, dalle risorse economiche e umane a disposizione, dai tempi. È utile pensare di poter utilizzare i diversi mezzi secondo un approccio integrato.
  • I tempi della comunicazione: quando avviare la campagna informativa, quando attivare un numero verde, quando rispondere alle richieste dei media, il tempo da dedicare al colloquio con le singole persone all’interno dei servizi.
  • Dove. È lo spazio, il contesto nel quale avviene la comunicazione (cd. setting esterno).
  • Il motivo per il quale si comunica.

Nell’emergenza è opportuno mantenere costantemente viva la comunicazione e ricordare di:

  • Informare in modo trasparente, tempestivo, chiaro, omogeneo secondo le evidenze disponibili al momento. È essenziale dichiarare ciò che si sa e ciò che non si sa, la trasparenza è la scelta migliore.
  • Informare sempre e comunque perché il vuoto informativo è costantemente colmato da qualcun altro, in particolare dai media, che influenzano in modo determinante la percezione individuale e collettiva. La valutazione delle persone scatta fin dalla fase iniziale del processo di gestione del rischio e ne determina la percezione, la reazione emotiva.
  • Comunicare l’incertezza, riferendo ciò che si è fatto, ciò che si sta facendo, ciò che si intende fare. La comunicazione è più efficace se pone il focus su quello che è stato fatto (o è da fare) piuttosto che su quello che non è stato fatto (o non è da fare).
  • Controbilanciare ogni messaggio negativo con molti messaggi positivi e orientati a delle soluzioni.
  • Rispondere alle preoccupazioni degli interessati e non alle proprie.
  • Valutare l’accettabilità del messaggio da parte del target.
  • Trasformare l’informazione in messaggio, cioè in una comunicazione che acquisti significato per le persone alle quali il messaggio è rivolto (target). Il messaggio deve tener conto delle caratteristiche del target, dei suoi bisogni, dei suoi obiettivi, delle risorse, degli interessi e delle funzioni, dei vincoli e delle argomentazioni che lo possono interessare.
  • Semplificare i messaggi ponendo attenzione al linguaggio tecnico, facendo esempi concreti e vicini all’esperienza della gente, controllando che chi ascolta capisca.
  • Lanciare immediatamente alcuni messaggi come le misure da adottare durante l’emergenza e vanno indirizzati ad un pubblico vasto. In questi casi i media rappresentano il mezzo più adeguato di comunicazione.

Di seguito si riportano altri suggerimenti e linee guida per la comunicazione del rischio ad un pubblico di non esperti:

  •  Favorire il dialogo e la partecipazione degli stakeholders.
  • Coinvolgere il pubblico prima di prendere le decisioni importanti, ascoltandone le istanze e le preoccupazioni. Immedesimarsi nella loro situazione e creare empatia.
  • Essere onesti e franchi: non sminuire, negare, nascondere il rischio, ma ammettere le incertezze.
  • Semplificare la forma del messaggio, non il contenuto: non omettere informazioni, ma esporle tenendo conto della preparazione del ricevente.
  • Adottare un linguaggio comune, prediligendo un approccio narrativo che includa metafore, sensazioni personali ed aneddoti.
  • Evitare termini specialistici e fare attenzione a come vengono percepite le parole utilizzate.
  • Utilizzare immagini, schemi e grafici. Le frasi devono essere brevi e dirette.
  • Limitare il ricorso a formule matematiche, numeri e probabilità.
  • Anticipare e prepararsi a possibili domande e problemi posti dal pubblico.
  • Accompagnare le informazioni sul rischio con le indicazioni dei comportamenti da tenere.
  • In fase di emergenza, fornire informazioni tempestive concise e dare indicazioni per trovare approfondimenti.
  • Collaborare con fonti credibili.
  • Utilizzare più canali di comunicazione.
  • Pianificare attentamente e valutare i risultati ottenuti in maniera continuativa.
Errori da non commettere
  • È necessario che i media non alterino la percezione di un rischio ampliando fenomeni che si rifanno a stereotipi e che sono dannosi anche a livello economico.
  • È necessario che le tecnologie e gli strumenti utilizzati per le comunicazioni rimangano operativi, soprattutto durante gli eventi e nella fase emergenziale.
  • La comunicazione è una attività continua. Non bisogna commettere l’errore di predisporre campagne di comunicazione una tantum od organizzate eccezionalmente.
  • E’ consigliabile integrare le attività di comunicazione con quelle di formazione e con le esercitazioni.
Criticità

Fra le criticità che si manifestano in ambito comunicativo durante l’emergenza ricordiamo:

  • Nella fase iniziale, il livello di incertezza sul rischio è elevato, le informazioni e le impressioni sono tante e a volte contraddittorie, la componente emotiva è prevalente, c’è tensione, paura, ostilità, scetticismo, l’attenzione da parte dei diversi stakeholder (politici, media…) è elevata.
  • Il rischio che, durante la comunicazione in una situazione di emergenza, se non ben pianificata e gestita, la preoccupazione dei destinatari del messaggio si trasformi in paura incontrollata (panico) o in un atteggiamento di completa noncuranza (assunto come meccanismo di difesa).
Misure di successo

Pianificare la comunicazione in situazioni di emergenza significa, pertanto, aprire molteplici canali comunicativi che possano facilitare processi di scambio tra tutti i soggetti sociali coinvolti, sia nella fase che precede l’emergenza che nella fase in cui l’emergenza è in atto. Significa costruire le basi di un processo comunicativo continuo sul rischio che attraversi in modo trasversale le diverse fasi del piano di preparedness, dalla fase zero che corrisponde a una situazione di pericolo e non di rischio, alle successive fasi d’emergenza.

  • Coinvolgere, fin dall’inizio, tutti gli operatori che possono essere impegnati a vario titolo nella gestione dell’emergenza e che, in tempi diversi e in spazi diversi, hanno l’opportunità di entrare in contatto e di comunicare con le persone: dagli operatori attivi sul territorio, agli operatori sociali, agli insegnanti, ai parroci, ai gruppi di interesse, alle associazioni, agli amministratori, ai giornalisti.
  • Favorire la partecipazione per garantire la costante circolazione delle informazioni tra tutti gli operatori. La circolazione delle informazioni, infatti, da una parte rafforza il bagaglio conoscitivo, dall’altra facilita la condivisione e quindi aumenta la possibilità di fornire all’esterno informazioni omogenee.
  • Formare gli operatori e per una gestione partecipata dell’emergenza. L’attività formativa rappresenta infatti un’occasione per condividere interventi attuabili in diversi scenari e per perfezionare sia le competenze tecnico-scientifiche che le competenze comunicativo-relazionali.
  • Sviluppare equipe multidisciplinari, basate sul riconoscimento e sull’integrazione dei ruoli per permettere agli operatori impegnati sul campo di lavorare in una situazione di “maggiore agio” e di attuare interventi integrati in grado di rispondere ai bisogni informativi e alle preoccupazioni dell’utenza.

In pratica

  1. Obiettivo:

    L’obiettivo del lavoro è:

    • Analizzare la gestione delle crisi recenti da parte del Giappone dal punto di vista della communication preparedness e management, con uno sguardo particolare al caso di Fukushima e alle sfide che pone la postmodernità.
    • Proporre delle strade per adattarsi e per sfruttare a proprio vantaggio i cambiamenti su cui si affaccia il mondo nell’era della globalizzazione.
  2. Ente: Tohoku - Giappone
  3. Tipo di Disastro: MULTIRISCHIO
  4. Anno: 2011
  5. Descrizione:

    Tutto inizia alle 14:46 dell’11 marzo 2011quando un terremoto di magnitudo 9.0 richter colpisce il Giappone, nella regione nord-orientale del Tohoku.

    Ne segue uno tsunami che danneggia ben 561 km2 di terra, principalmente nelle province di Iwate e Miyagi e causa circa 25 mila vittime (tra morti e dispersi) e mezzo milione di sfollati.

    La centrale di Fukushima è situata a 178 km dall’epicentro del terremoto. Nel momento in cui lo tsunami ha colpito la centrale (alle ore 15:35 dell’11 marzo) non fu possibile attivare il sistema di emergenza che garantiva l’energia a causa dell’inondazione, e il sistema di raffreddamento andò in tilt. Poco dopo il reattore due esplose. L’aumento del calore all’interno del nucleo causò il surriscaldamento e una parziale fusione delle barre di combustibile dei reattori 1, 2 e 3, con il conseguente rilascio di radiazioni. Si crearono fori sul fondo dei reattori che esposero in parte il nucleo.

  6. Criticità:

    I problemi furono molteplici anche a livello di comunicazione:

    • Riguardo al livello di radioattività, il Nuclear Safety Technology Center, che utilizzava i dati dello Japan’s System of Prediction of Environmental Emergency Dose Information (SPEEDI), iniziò a rilasciare previsioni sui materiali radioattivi subito dopo il terremoto, ma nessuno se ne accorse.
    • La prefettura di Fukushima, una volta visionati i dati, decise di non annunciarli ufficialmente.
    • Molti esponenti dirigenziali della TEPCO non avevano una adeguata conoscenza tecnica del nucleare avendo lavorato in precedenza in altri settori.
    • Mancanza di organizzazione col governo che ha portato ad un vuoto di comunicazioni affidabili nel momento dell’emergenza.
    • Mancanza di comunicazione tra il governo e gli operatori a Fukushima durante i momenti più critici.
    • Esistenza di relazioni collusive tra gli operatori delle centrali nucleari e le autorità di regolamentazione del governo che hanno portato al sacrificio di solide pratiche di sicurezza di gestione delle centrali e quindi di tutela della salute pubblica.
    • Mancanza di coordinamento tra ministri e agenzie: i dati sulla radioattività non furono utilizzati per pianificare le evacuazioni attorno la centrale perché l’Office of Emergency Planning and Environmental Radioactivity, appartenente al ministero dell’Educazione, Cultura, Sport, Scienze e Tecnologia (MEXT) non riuscì ad informare il Primo Ministro.
    • Mancanza di una legislazione specifica per la prevenzione e gestione di un incidente nucleare e di conseguenza la previsione e l’affidamento dei poteri legali per poterla fronteggiare.
  7. Cosa abbiamo imparato:

    Vivere nella società del rischio non rappresenta di per sé una condizione negativa, ma al contrario se le istituzioni prendessero consapevolezza di questo potrebbero ricavarci delle vere e proprie opportunità da volgere a loro vantaggio.

    Se per sua natura l’uomo deve adattarsi alle condizioni avverse e alle minacce esterne, oggi il processo diventa sempre più difficile, essendo presente una sovrastruttura politica che si adegua molto più lentamente degli altri tessuti sociali.

    È necessario comprendere che la condizione di mutabilità dei rischi è molto più rapida rispetto alla prima modernità e in quest’ottica un ruolo fondamentale è anche quello dell’opinione pubblica.

    Il disastro di Fukushima ha fatto sì che nel periodo successivo il governo si dovesse affidare in larga parte alle importazioni di carbon fossile. Tuttavia, in questo modo è aumentata anche la consapevolezza di dover sfruttare in modo più efficiente le risorse rinnovabili, non solo per ovviare al problema delle importazioni, ma anche per adempiere a precisi accordi internazionali, come ad esempio il più recente trattato di Parigi sul cambiamento climatico. L’idrogeno potrebbe essere una valida opzione energetica per recuperare le mancanze provenienti dal nucleare e allo stesso tempo contrastare il problema del cambiamento climatico.

    Prima che questa opzione possa essere effettivamente considerata ci sono ancora delle difficoltà: in primo luogo c’è ancora bisogno di un miglior impiego di tecnologie per far sì che l’idrogeno diventi una risorsa commerciabile e totalmente priva di emissioni di carbonio nel ciclo di produzione. Ciò che manca, inoltre, è anche una regolamentazione internazionale che legittimi la risorsa a giocare un ruolo efficace in risposta al problema globale del clima.

  8. Fonte:

    Samuele Assogna – “La Società del rischio giapponese: strategie comunicative e risvolti economici” – Master Territori Aperti A.A. 2020/2021

  1. Obiettivo:

    La comunicazione del rischio è oggi considerata una disciplina autonoma, fondata su un ampio ventaglio di conoscenze interdisciplinari e uno strumento fondamentale per la gestione dei rischi. I principali ambiti di applicazione della comunicazione del rischio sono tre:

    1. La care communication, che ha l’obiettivo di motivare le persone esposte a un rischio riconosciuto a modificare i propri comportamenti dannosi, offrendo loro una soluzione possibile. Il principale campo di applicazione è quello della prevenzione dei rischi (es. campagne di promozione della salute, campagne di prevenzione dei disastri naturali, ecc.). Si occupa di rischi noti che possono essere evitati o mitigati adottando comportamenti opportuni.
    2. La crisis communication, che ha l’obiettivo di rendere le persone consapevoli di un rischio imminente cui sono esposte, al fine di favorire comportamenti responsabili di auto protezione e, dunque, di salvaguardare la loro sicurezza. L’ambito è quello della crisi – situazione caratterizzata da un livello crescente di allarme, che può durare diversi giorni, settimane o mesi – e dell’emergenza – fenomeno improvviso e con impatto immediato.
    3. La consensus communication, che ha l’obiettivo di favorire il confronto tra le parti in una controversia sul rischio, per giungere a scelte il più possibile condivise e partecipate nella gestione del rischio stesso. Le discussioni possono riguardare la natura di un pericolo e le sue possibili conseguenze, l’effettiva entità di una minaccia o le modalità di gestione della stessa, coinvolgendo a vario titolo diversi stakeholder.

     

  2. Ente: Regione Emilia Romagna - Regione Liguria - Regione Lombardia
  3. Descrizione:

    La comunicazione e la partecipazione pubblica all’iter di elaborazione dei piani di gestione del rischio di alluvioni rivestono, secondo la Direttiva 2007/60/CE, un ruolo strategico ai fini della condivisione e legittimazione dei piani stessi.

    Le Autorità di bacino distrettuali di cui all’articolo 63 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006 e le Regioni afferenti il bacino idrografico, in coordinamento tra loro e con il Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, ciascuna per le proprie competenze, mettono a disposizione del pubblico la valutazione preliminare del rischio di alluvioni, le mappe della pericolosità e del rischio di alluvioni ed i piani di gestione del rischio di alluvioni.

    Analizzando la situazione italiana risulta evidente che la comunicazione finalizzata alla percezione e alla conoscenza del rischio è massiccia, e a volte confusionaria, relativamente al momento dell’emergenza vera e propria. 

    Allo scopo di valutare la quantità e qualità della comunicazione sul tema anche relativamente alla fase «pre-emergenza», si è scelto di confrontare i programmi relativi al rischio alluvione di alcune regioni italiane con uno dei programmi apparentemente più completi in materia di comunicazione «pre-evento», quello del Queensland, in Australia.


    Il Queensland si è reso particolarmente attivo e propositivo in termini di comunicazione del rischio e ha dato vita ad un programma di comunicazione del rischio partendo dall’idea che “minimizzare l’impatto delle inondazioni è responsabilità di tutti”. Get Ready Queensland è il programma dedicato ai cittadini, in cui è possibile: 

    • Cercare la propria area e documentarsi sugli eventi passati che hanno interessato ogni specifica realtà locale.
    • Registrarsi per ottenere gratuitamente un servizio di allerta meteo.
    • Consultare le mappe di pericolosità.
    • Verificare, tramite un piccolo questionario, la «preparazione» della propria abitazione a possibili eventi disastrosi.

    I punti principali del programma sono:

    • Un questionario di autovalutazione rivolto al cittadino e/o al proprietario di un’attività commerciale per comprendere se la propria abitazione/attività sia pronta all’eventuale emergenza.
    • Un sistema di allerta gratuito per il cittadino/turista, previa registrazione online, per ricevere notizie in tempo reale circa la situazione meteo tramite app, e-mail, sms, messaggi vocali.
    • Mappe online, consultabili e scaricabili, tramite le quali è possibile individuare la propria zona e comprenderne il livello di pericolo anche grazie ad uno storico degli eventi passati (l’utilizzo delle mappe è dettagliatamente illustrato anche tramite supporto video).
    • Guide pratiche, consultabili e scaricabili, contenenti norme di comportamento relative alle situazioni di emergenza o, a seguito del questionario, relative al miglioramento della propria condizione.
    • Segnaletica informativa. 

    •  

    I programmi delle Regioni italiane


    Emilia-Romagna
    Il progetto “Allerta Meteo”, avviato dalla Regione Emilia-Romagna nel marzo 2014, è un percorso di revisione e aggiornamento delle procedure e di potenziamento degli strumenti di monitoraggio e di comunicazione, con l’obiettivo di rendere il sistema di allertamento più efficiente, ma soprattutto più efficace per le autorità locali di Protezione Civile, i cittadini e tutti gli Enti impegnati a vario titolo nella gestione del territorio.

    Tre le azioni fondamentali del progetto:

    1. Revisione delle procedure di allertamento regionali alla luce dei nuovi strumenti tecnologici e di comunicazione disponibili, delle esigenze degli utenti finali e delle necessità di omogeneità sul territorio nazionale.
    2. Promozione di una “cultura del rischio”, attraverso il coinvolgimento degli Enti locali (sindaci e altre autorità di protezione civile) e la formazione dei cittadini stessi sui temi della prevenzione del rischio meteo-idrogeologico-idraulico e della gestione delle emergenze.
    3. Costruzione di uno spazio web condiviso – “Allerta meteo Emilia-Romagna” – dedicato alle allerte regionali, per raccogliere tutte le informazioni relative alle allerte e rendere l’allertamento più efficace in termini di diffusione, rapidità e usabilità delle informazioni, anche attraverso la presenza attiva sui social network.

    Nel sito (https://allertameteo.regione.emilia-romagna.it) è possibile trovare tutte le informazioni utili su allerte e bollettini, aggiornamenti in tempo reale sull’evoluzione degli eventi, previsioni meteo e dati, piani di protezione civile, mappe di rischio e report post-evento. Il portale offre, infatti, anche la possibilità di navigare arrivando al dettaglio del singolo Comune e verificare così l’esposizione al rischio, l’eventuale situazione di allerta a livello locale, consultare il piano di protezione civile comunale, rimanere aggiornati sulle notizie che ciascun sindaco potrà pubblicare per informare più puntualmente e rapidamente possibile i propri cittadini, sotto la sua personale responsabilità.


    Liguria
    La Regione Liguria, in collaborazione con Arpal (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente Ligure) e Protezione Civile Nazionale, ha creato un sito internet esclusivamente dedicato all’allerta meteo della Regione (http://allertaliguria.regione.liguria.it).
    Tramite bollettini, monitoraggi, comunicati e social-network, accompagnati da mappe online consultabili e scaricabili, è possibile conoscere in tempo reale la situazione meteo e gli allerta meteo previsti.
    Il comune di Genova ha inoltre istituito il servizio S.M.S. (Sempre Meglio Saperlo), servizio di informazione e allerta personalizzati, con il quale il Comune aggiorna la cittadinanza in tempo reale via sms ed e-mail, segnalando le situazioni di allerta e di potenziale disagio per i cittadini. Il servizio, completamente gratuito, integra i consueti canali di informazione del Comune di Genova (cartelli,
    segnaletica stradale, pubblicazione su siti web, avvisi sulla stampa).
    Nel settembre del 2017, al termine del progetto europeo Uramet, Arpa Piemonte e Arpa Liguria hanno messo a punto una App che informa in tempo reale sui fenomeni temporaleschi in atto nell’area compresa tra Liguria, Piemonte e Dipartimento delle Alpi Marittime in Francia. L’App, scaricabile dall’Ottobre dello stesso anno, avverte fino ad un’ora prima dell’arrivo del temporale. Le
    informazioni elaborate si basano su misurazioni fornite da due radar meteorologici di Bric della Croce (TO) e Monte Settepani (SV).


    Lombardia
    La Regione Lombardia fornisce un servizio telematico “Attestato del territorio”, gratuito ed aperto a tutti, per conoscere i rischi della propria abitazione e del territorio in generale.
    Il servizio consente di interrogare, su un punto definito dall’utente, una serie di informazioni che inquadrano il territorio nei suoi aspetti legati a:

    • Atmosfera (vento, precipitazioni, fulmini).
    • Suolo (quota, numero del mappale catastale, uso del suolo, altezza neve, frane, classe di fattibilità geologica).
    • Sottosuolo (accelerazione sismica, geologia, radon).

    Inoltre, è possibile visualizzare gli indici di rischio elaborati nell’ambito del PRIM (Programma Regionale Integrato di Mitigazione dei Rischi), che consentono di identificare e quantificare le tipologie di rischio naturale (idrogeologico, sismico, incendi boschivi) e antropico (industriale, incidenti stradali) presenti su quel territorio.
    Le informazioni possono essere esportate in formato PDF sotto forma di report descrittivo. Ogni utente può accedere al servizio, del quale è disponibile il “manuale”, attraverso il viewer geografico disponibile sul Geoportale (https://www.geoportale.regione.lombardia).
    Nel sito della Regione sono inoltre riportate alcune indicazioni su come comportarsi per affrontare le diverse emergenze.
    Infine, per ricevere notifiche e consultare le Allerte sul proprio smartphone, è stata creata una App “Protezione Civile Lombardia”, per essere informati in tempo reale.

  4. Numero di beneficiari:
  5. Criticità:
    • Per le tre Regioni considerate la “partecipazione attiva” del cittadino è resa difficile dalla mancanza delle voci che invece rappresentano il coinvolgimento diretto e, addirittura, antecedente la comunicazione stessa: il questionario da sottoporre al cittadino (o di autovalutazione dello stesso) e la possibilità di scaricare le guide, i “to-do”, in occasione di emergenza.
    • I piani comunali sono purtroppo percepiti da molti amministratori locali più che altro come una mera pratica burocratica e non come un potente strumento di conoscenza del proprio territorio e di salvaguardia dei cittadini, per i quali la mancanza di preparazione si traduce in comportamenti drammaticamente erronei durante l’emergenza.
    • Lo scarso interesse di chi comunica nei confronti del ricevente. Questo scarso interesse rende la comunicazione carente di uno degli aspetti centrali del processo comunicativo efficace: la fiducia.ù
    • La mancanza di un’allerta audio, ad esempio, rende difficile il raggiungimento di utenti non-vedenti o di quella parte di popolazione per la quale è complicato accedere a messaggistica istantanea (si pensi agli anziani o a chi non ha grande dimestichezza con l’utilizzo dei gli smartphones). Sarebbe infine utile e doveroso porre l’attenzione al fruitore “estero”, il turista, che dovrebbe avere, al pari del cittadino “locale”, l’opportunità di usufruire di tale servizio: un allertamento in lingua inglese, ad esempio, renderebbe il tutto più pratico.
  6. Cosa abbiamo imparato:

    È vero che negli ultimi anni si sta assistendo ad un aumento in intensità e frequenza dei fenomeni meteorologici cosiddetti “estremi”, ma questi stanno semplicemente mettendo drammaticamente in evidenza la pessima gestione del territorio e l’assenza di un adeguato e concreto programma di prevenzione e di preparazione alle emergenze, connesse ai rischi naturali. Poiché tali fenomeni hanno una frequenza maggiore, allora appare ancora più urgente mettere in atto un’adeguata politica di gestione oculata del territorio, a partire dall’aggiornamento dettagliato dei piani.

  7. Fonte:

    Silvia Speranza – “La comunicazione scientifica del rischio all’interno della gestione del rischio alluvioni” – Master Territori Aperti A.A. 2020/2021

Chiara Capannolo
Chiara Capannolo