Le costruzioni temporanee nella risposta all’emergenza abitativa post-catastrofe

La scheda raccoglie le esperienze riguardanti le soluzioni abitative temporanee messe a disposizione delle popolazioni coinvolte in disastri naturali.

Fase: Post emergenza
Settori: Protezione civile
Tipo di rischio: Sismico
Ambito: Servizi Alla Comunità
Codici SDG : 11-Sustainable cities and communities
Codici DAC-CRS : 16030-Housing policy and administrative management, 16040-Low-cost housing, 32171-Engineering, 43060-Disaster Risk Reduction, 73010-Immediate post-emergency reconstruction and rehabilitation

Raccomandazione

Nell’ambito dei progetti che riguardano la realizzazione di soluzioni abitative provvisorie in risposta al fabbisogno abitativo in fase di emergenza e post-emergenza, si raccomandano una serie di azioni al fine di ottimizzare i servizi offerti alla popolazione sfollata, nonché di sviluppare una cultura del soccorso. Tali azioni si possono sintetizzare in:

  • Utilizzare, sia nell’ambito della ricostruzione propriamente detta che al momento della concezione di insediamenti provvisori, un approccio olistico: puntare non solo alla ricostruzione fisica e materiale, ma anche al recupero delle essenziali condizioni che consentono la rivitalizzazione dello spazio fisico; per cui occorre tener conto della componente psicologica e sociale.
  • Individuare, in fase di pianificazione urbanistica, degli spazi urbani come ad esempio aree destinate ad attività turistiche, fiere, attività agricole e affini che possano essere riconvertite in caso di necessità.
  • Approcciare ad una gestione delle emergenze che sia in grado di sviluppare oltre ad una cultura del soccorso, indispensabile ed imprescindibile
    visto l’alto grado di imprevedibilità delle catastrofi naturali, anche una cultura progettuale in grado di definire in maniera scientifica e sistematica i modi e le forme di intervento prima, durante e dopo l’evento catastrofico, secondo una visione complessiva del fenomeno.
Errori da non commettere

Fra gli errori da non commettere, sulla base delle esperienze pregresse, sia in Italia che all’esterno, possiamo indicare:

  • Non far prevalere la cultura del costruire, della semplice dotazione di spazi, spesso privi di relazioni con il contesto preesistente sulla cultura dell’abitare e dell’identificarsi nei luoghi.
  • Non trascurare la componente psicologica: utilizzare un approccio multidisciplinare che garantisca una maggiore presenza sia in fase emergenziale che della ricostruzione, al fianco di tecnici dello spazio materiale, anche di tecnici (psicologi, sociologi, medici, ecc.) della componente psicologica e sociale di esso affinché diventi luogo; vale dire spazio dell’identità e della socialità, sia nell’ottica della ricostruzione che dell’allestimento di insediamenti provvisori, dovendo essere anche questi ultimi concepiti tenendo conto di una permanenza non effimera, bensì protratta per mesi se non anni.
  • Durante la fase successiva all’evento calamitoso, colmare la mancanza di un approccio scientifico ragionato, capace di andare oltre il semplice intervento locale di restauro e consolidamento:  predisporre un modello di sviluppo territoriale dei luoghi in grado di indicare come e dove costruire, recependo ed integrando in una proposta progettuale corale tutti gli input ed i vincoli imposti dagli ambiti naturalistici, dal sedime storico, ecc..
Criticità

Fra le criticità rilevate dalle esperienze analizzate, evidenziamo:

  • Gli strumenti urbanistici adottati non disciplinano la scelta di spazi urbani più idonei per fronteggiare l’emergenza abitativa in caso di disastri.
  • Si è posta poca attenzione sulla qualità dell’abitare, sia dal punto di vista spaziale, che dal punto di vista tipologico e costruttivo.
  • Difficoltà a concepire termini come benessere, qualità e comfort all’interno delle nuove scelte costruttive.
  • Poca attenzione posta all’idea di spazio minimo, di velocità nella posa in opera e di garanzia di sicurezza in caso di nuove catastrofi; ma anche poca attenzione alla possibilità di riconversione, riuso e riciclo delle unità abitative adottate.
  • Il tema della provvisorietà è stato sempre affrontato in modo superficiale ed episodico, con il risultato che lo scollamento in termini di qualità tra i prodotti industriali e le ipotesi formulate a livello di ricerca è notevole.
  • Una comunità che viene costretta in un insediamento provvisorio a seguito di una calamità naturale o causata dall’uomo, tende naturalmente ad assumere un atteggiamento di repulsione nei confronti dell’insediamento stesso, che viene pertanto subìto e tollerato come causa di forza maggiore.
  • Nella fase dell’emergenza vera e propria il campo d’azione è completamente occupato dagli aspetti logistici ed organizzativi, che non lasciano spazi operativi alla ricerca progettuale ed architettonica, che risulta al massimo relegata all’ambito ristretto della progettazione delle unità abitative. 
  • I prodotti ad oggi disponibili nell’ambito dell’edilizia provvisoria raramente scaturiscono da un processo produttivo che si è fatto interprete delle reali esigenze della società contemporanea.
Misure di successo

La progettazione di un prodotto destinato all’abitazione di emergenza passa per una profonda conoscenza dei materiali e delle tecnologie in stretta relazione con i diversi contesti provvisori con cui ci si trova a misurare nella gestione dell’emergenza. Le misure di successo che si possono adottare si possono sintetizzare in:

  • Accettare le sfide nel campo dell’automazione che vedono lo sviluppo di prototipi di case ‘passive’ dal punto di vista energetico, realizzabili con pochi passaggi costruttivi o addirittura auto-costruite secondo modelli sempre più compatti e aggregabili in maniera modulare, capaci di consentire, oltre alle funzioni abitative, anche quelle più pubbliche e collettive in grado di favorire funzioni di associazione, di partecipazione e di condivisione sociale.
  • Ipotizzare, in base alle innovazioni progettuali, sviluppi futuri che possono portare ad una sinergia e cooperazione tra gli attori della produzione edilizia (industria- progettista – cantiere- committenza) e al miglioramento del ciclo di vita degli edifici.
  • Superare l’idea corrente sulle caratteristiche tecnologiche dei sistemi edilizi provvisori, considerati in genere alla stregua di edilizia precaria, scadente, a basso costo e ad elevato impatto ambientale, in favore di una loro concezione più evoluta, che li vede come prodotti edilizi innovativi, in grado di fornire livelli di prestazione molto elevati.
  • Utilizzo razionale dei materiali e delle soluzioni tecnologiche, garantendo da una parte delle prestazioni energetiche soddisfacenti e dall’altra delle soluzioni architettoniche a misura d’uomo, il più possibile aderenti alle esigenze funzionali degli occupanti e caratterizzate, seppur nei limiti di una architettura dell’emergenza, da qualità architettonica.

In pratica

  1. Ultimo aggiornamento: Aprile 2020
  2. Obiettivo:

    Il Comune di Colledara, comune abruzzese situato nella parte sud della provincia di Teramo,  fa parte della Comunità Montana del Gran Sasso (L.R. n.37 del 7 luglio 1976) e si configura come un’area con valori agricoli e culturali medi e bassi, caratterizzata da superfici boschive e superfici agricole.
    Il Comune ospita circa 2.200 abitanti principalmente localizzati in nuclei urbani storici minori, con una densità abitativa di circa 120 ab/kmq.

    Il patrimonio edilizio esistente costituito da circa 1168 abitazioni è stato per la maggior parte realizzato prima degli anni ’80 prevalentemente con struttura portante in muratura ordinaria con un numero di piani fuori terra pari a due.

  3. Ente: Comune di Colledara
  4. Tipo di Disastro: SISMA
  5. Anno: 2016/2017
  6. Descrizione:

    A seguito dei sopralluoghi per le verifiche di agibilità sono state emanate ordinanze di sgombero sia per gli edifici pubblici/culto (es n.156/208 del 17.10.2018), sia per gli edifici privati (es. 27/30 del 20.02.2017).

    Nel comune la Protezione Civile Regionale ha realizzato 20 S.A.E. (Soluzione Abitative in Emergenza) per la popolazione rimasta fuori casa:

    • 9 sono stati installati nella frazione di Ornano in area di proprietà comunale.
    • 11 sono stati installati poco fuori il centro abitato di Colledara in direzione Collecastino in aree private espropriate.

    Le aree in oggetto sono state urbanizzate con i servizi primari usufruendo di fondi stanziati dalla Protezione Civile. Nelle 20 strutture abitative sono stati ospitati in totale cinquantuno persone.
    Ai nuclei familiari che hanno invece provveduto autonomamente ad un alloggio alternativo senza carattere di stabilità è stato destinato il contributo di autonoma sistemazione (C.A.S.)
    Il contributo di autonoma sistemazione (C.A.S.) è stato acquisito da sessantotto nuclei familiari del comune di Colledara, di cui quarantadue sono hanno trovato una sistemazione sul territorio locale.
    Altri nuclei familiari che non hanno usufruito del C.A.S. si sono trasferite in strutture alberghiere convenzionate con la pubblica amministrazione.

  7. Numero di beneficiari: 51
  8. Criticità:
    • La localizzazione del sito adibito alle strutture temporanee è stata definita solo in fase di emergenza per mancanza di mappatura  del territorio per le aree adibiti a moduli abitativi temporanei.
  9. Cosa abbiamo imparato:
    • Le aree oggetto di installazione dei moduli abitativi provvisori sono state urbanizzate con i servizi primari usufruendo di fondi stanziati dalla Protezione Civile.
    • Le soluzioni abitative provvisorie sono state realizzate in siti compatibili urbanisticamente con prospettive di utilizzo futuro.
    • La strategia adottata ha permesso di non creare dei quartieri “ghetto” rispetto ai contesti urbanizzati presenti.
  10. Fonte:

    Tesi Finale Master I livello in Management tecnico-amministrativo post-catastrofe negli enti locali.

    Studente: Andrea Broccoletti – “Terremoto centro Italia: dall’emergenza ad un nuovo modello di ricostruzione fisica e socio – economica post – catastrofe. Il caso studio di Colledara

    https://territoriaperti.univaq.it/documenti-master-2019/

  1. Ultimo aggiornamento: Aprile 2020
  2. Obiettivo:

    Valle Castellana è un comune di 891 abitanti della provincia di Teramo. Il comune risulta essere frastagliato in 29 frazioni alcune delle quali completamente disabitate e di difficile raggiungimento. In questa area, agli elementi specifici propri di un’area montana si somma il grosso e recente problema del sisma che ha colpito il comune di Valle Castellana nel 2016. Per fronteggiare questa nuova emergenza è stato adottato il D.L. 17 ottobre 2016, n. 189 che ha individuato le aree del cratere. Il comune di Valle Castellana unitamente ad altri comuni, è stato inserito dalla Regione Abruzzo nella V Area interna denominata “Alto Aterno, Gran Sasso e Monti della Laga”. Con l’obiettivo di mobilitare le risorse stanziate per la ricostruzione al fine di:

    • Avviare una nuova fase di sviluppo socio-economico per le comunità locali.
    • Favorire la cooperazione tra Enti locali e la concertazione con le Parti sociali.
    • Definire un progetto integrato di sviluppo locale incentrato sull’idea di valorizzare le ricchezze del patrimonio naturale dell’area.
  3. Ente: Comune di Valle Castellana
  4. Tipo di Disastro: SISMA
  5. Anno: 2016/2017
  6. Descrizione:

    In seguito al terremoto del 24 agosto, Regioni e Comuni interessati hanno potuto usufruire dell’Accordo quadro per la fornitura di Sae -Soluzioni abitative in emergenza sottoscritto dal Dipartimento della Protezione Civile e attivare appalti specifici per la realizzazione di strutture destinate ai cittadini con casa inagibile o in “zona rossa”, che consentano loro di vivere nei territori colpiti fino alla ricostruzione.
    Il fabbisogno alloggiativo quantificato dopo il sisma di agosto è però radicalmente mutato dopo le scosse di fine ottobre e, nuovamente, dopo quelle di gennaio. Per la realizzazione delle Sae, il Dipartimento di Protezione Civile Nazionale si è avvalso delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, che hanno provveduto anche all’esecuzione delle attività preliminari all’insediamento delle Sae e alle opere di urbanizzazione, sulla base della ricognizione dei fabbisogni nei singoli territori svolta dai Comuni.

    Le Sae sono soluzioni abitative antisismiche realizzate nel rispetto del risparmio energetico, di 40, 60 e 80 metri quadri, smontabili e riconvertibili, completamente arredate, collegate da percorsi pedonali e da aree destinate al verde, adatte a qualsiasi condizione climatica e privi di barriere architettoniche, a garanzia dell’accessibilità di tutti gli ambienti.
    Il comune di Valle Castellana, in accordo con la Regione Abruzzo, ha individuato sei aree per la realizzazione di SAE rispettivamente nelle località:

    •  n. 08 alloggi in loc. Fraz. Capoluogo.
    •  n. 02 alloggi in loc. Fraz. Villafranca.
    •  n. 03 alloggi in loc. Fraz. Ceraso.
    •  n.04 alloggi in loc. Fraz. Pascellata.
    • n. 17 alloggi in loc. Fraz. Pietralta.
    •  n. 06 alloggi in loc. Fraz. Macchia da Sole.

    La popolazione che ha trovato sistemazione nei SAE è di 38 famiglie per un totale di 115 unità.

    Il Comune di Valle Castellana, visto l’arrivo della stagione invernale imminente ha deciso di accorciare i tempi di assegnazione delle SAE elaborando criteri per l’assegnazione in maniera univoca e ripetibile.

    Con Delibera N. 77 Del 28-12-2018 della giunta del Comune di Valle Castellana, vista l’istruttoria delle domande presentate per gli aventi diritto al CAS e SAE effettuata dal Consorzio Punto Europa, società consortile sita in Teramo, si è provveduto all’assegnazione di n. 38 alloggi SAE.

  7. Numero di beneficiari: 115
  8. Criticità:

    L’Ufficio Sisma ha seguito la realizzazione della Soluzioni Abitative di Emergenza e i tecnici hanno curato, in qualità di RUP per il Comune, tutte le fasi di costruzione, a partire dal giugno 2018 fino ad agosto 2020, occupandosi di segnalare tutte le numerose criticità che l’iter realizzativo ha avuto, soprattutto per la realizzazione dei sottoservizi, e per la sistemazione delle aree esterne.
    Inoltre l’ufficio si è occupato dell’iter burocratico relativo all’occupazione di emergenza delle aree ed alle relative procedure di esproprio.

  9. Fonte:

    Tesi Finale Master I livello in Management tecnico-amministrativo post-catastrofe negli enti locali.

    Studente: Enrica Astolfi – “Strategie aree interne, ricostruzione e pianificazione di protezione civile: verso un nuovo modello di sviluppo. Caso studio: Comune di Valle Castellana”

    https://territoriaperti.univaq.it/documenti-master-2019/

  1. Ultimo aggiornamento: Aprile 2020
  2. Obiettivo:

    Lo studio svolto dall’Università Degli Studi Dell’Aquila  è stato condotto per la fase successiva a quella strettamente emergenziale in cui interviene la protezione civile: la ricostruzione in seguito ad una calamità naturale può richiedere decenni anche in relazione alla capacità di recupero del sistema sociale, è in questa fase post-emergenziale che le abitazioni dovranno assumere i caratteri di temporaneità ma anche di durabilità.

    L’obiettivo dello studio è quello di progettare un sistema che vada a realizzare luoghi e forme di qualità per l’abitare temporaneo, creando spazi destinati ad usi non stabili, capaci di essere attivati o modificati in funzione delle necessità che la contingenza richiede: sono moduli abitativi a-topici, pensati in modo indipendente rispetto al luogo, progettati per rispondere ad esigenze e funzioni diverse, montabili e smontabili in relazione al modificarsi della loro richiesta, i luoghi che li hanno ospitati possono tornare alle condizioni iniziali o cambiare il loro uso per accogliere nuove funzioni.

    In altre parole, la sfida si trova nel costruire il provvisorio con le caratteristiche del permanente: progettare un’abitazione temporanea a lungo termine da poter realizzare in qualsiasi luogo senza, allo stesso tempo, porsi in maniera indifferente rispetto al contesto, alla posizione e all’ esposizione del sito, le cui parole chiave possono essere:

    • Flessibilità.
    • Adattabilità.
    • Leggerezza.
    • Reversibilità.
    • Sostenibilità.
  3. Ente: Università Degli Studi Dell'Aquila
  4. Tipo di Disastro: SISMA
  5. Anno: 2016/2017
  6. Descrizione:

    È stata ipotizzata la progettazione di un modulo abitativo standard finalizzata allo sviluppo di un prodotto industriale versatile, che potesse risultare adeguato a diversi scenari, richiedendo l’introduzione di un grado di adattabilità e flessibilità molto elevato, un agevole trasporto in situ, velocità di montaggio, cantiere a secco, possibilità di riciclo e riuso.
    Un edificio flessibile e modulare consente infatti di variare il volume del fabbricato in aumento o in diminuzione al variare delle esigenze spaziali o funzionali degli occupanti; è possibile smontare l’edificio per localizzarlo in un’area diversa, grazie all’uso di componenti modulari asportabili e di connessioni a secco. Gli edifici a carattere temporaneo possono essere localizzati virtualmente ovunque, risultando progettati per nessun posto in particolare ma per adattarsi a tutte le condizioni. Si tratta quindi di moduli abitativi realizzati in serie con processi industrializzati, leggeri, mobili, aggregabili a comporre tipologie diverse in funzione delle diverse esigenze abitative, facilmente montabili, smontabili e conservabili in magazzino, da
    destinare all’abitare mutevole, temporaneo o definitivo, per ospitare persone colpite da calamità o per rispondere ad altre esigenze, alloggi per senzatetto, studenti o lavoratori fuori sede, immigrati.
    La soluzione a questo tipo di richieste è necessariamente abbinata all’uso e alla sperimentazione di nuove tecnologie e nuovi materiali. L’acciaio è uno dei materiali privilegiati nell’ambito delle costruzioni temporanee in primo luogo per l’intrinseca reversibilità delle tecniche di assemblaggio a cui fa riferimento (connessioni meccaniche a secco) che permette di smontare e rimuovere facilmente le costruzioni una volta finita la loro vita utile e di
    poterne riusare i componenti.  

    Le caratteristiche tecnologiche dei sistemi costruttivi in CFS (profili in acciaio formati a freddo) e dei loro rivestimenti rendono l’iter
    progettuale molto accurato, fin dalla fase di programmazione dell’intervento. Nella definizione della performance del sistema assume un ruolo fondamentale il progetto dei dettagli costruttivi, dell’involucro edilizio e dell’impiantistica, che consente di orientare la progettazione verso un’ottica “Lyfe Cycle”: si tratta di sistemi in grado di essere modificati ed adattati ad un contesto specifico e ad una contingenza specifica, oppure destinati ad uno scenario di dismissione diverso dal conferimento in discarica. 

    Il caso applicativo si propone di esaminare sotto il profilo tecnologico-costruttivo le caratteristiche di un edificio residenziale realizzato con ossatura portante in CFS, studiandone i principali fattori inerenti la produzione e la cantierabilità delle soluzioni tecniche proposte per un generico contesto post emergenziale di riferimento.

    • Il sistema ad aste, scompone la struttura portante in una ossatura continua con passo ridotto. Travi e pilastri sono costituiti da profili piegati a freddo a C accoppiati di dimensioni 150×70 mm. L’ossatura in acciaio così concepita costituisce al contempo la struttura portante e lo strato resistente delle
      pareti di tamponamento.
    • I tamponamenti possono essere costituiti da una serie di strati messi in opera oppure da pannelli sandwich: in entrambi i casi i pannelli sono sorretti da profili C.
    • A seguito della definizione dell’elemento strutturale di base (elemento monodimensionale a C) e del modulo base 1,2 m x 3m, sono state ipotizzate tre tipologie di unità abitativa dimensionalmente differenti per accogliere nuclei familiari composti da 1-2 persone, 3-4 persone, 5-6 persone.  Le dimensioni degli alloggi, oltre che rispettare gli standard abitativi minimi, sono state studiate sulla base della dimensione di un pannello prefabbricato. 
    • La ripetizione aggregazione del modulo deriva le sue peculiarità compositive dalla razionalizzazione del processo di predisposizione e insediamento nei siti previsti delle abitazioni temporanee. Variando la posizione degli ingressi e delle bucature, le soluzioni sono infinite: i moduli possono essere aggregati lungo i lati lunghi o i lati corti; possono essere aggregati su uno o su due livelli ipotizzando coperture piane e coperture con capriata.
  7. Criticità:

    Costruire il provvisorio con le caratteristiche del permanente: questo vuole essere il paradigma della trattazione, che scaturisce a valle di alcune riflessioni sulle soluzioni abitative utilizzate per far fronte all’emergenza post sisma in Italia negli ultimi decenni.
    Le tipologie edilizie di emergenza utilizzate nei vari casi, infatti, come tende o containers o prefabbricati, non garantiscono a lungo termine comfort e condizioni di vita accettabili per persone di tutte le età e condizioni di salute. Presentano carenze di requisiti funzionali, aggregativi ed estetici che ne hanno reso fallimentare l’impiego in tutte le situazioni.

    • Il primo esempio è il terremoto del Belice, in cui si fece ricorso all’ uso di baracche prefabbricate, che dovevano essere ricoveri temporanei e che sono ancora in piedi dopo 50 anni, ed hanno tetto, pareti e cisterne in amianto.
    • Per il terremoto in Irpinia del 1980, che ha avuto effetti devastanti in una vasta area dell’Appennino Meridionale, fu utilizzata la tipologia a roulotte e il container con tetto in eternit e pareti di lamiera: più di 2000 container da cantiere mono-blocco e 20.000 container prefabbricati da montare in sito.
    • Per il sisma 2009 dell’Aquila, invece, la gestione del post sisma è stata affidata al piano C.a.s.e. (Complessi Antisismici Sostenibili ed Ecocompatibili), che ha comportato la realizzazione delle new towns , in cui distanza di qualche mese è stata messa a nudo la criticità della risposta insediativa non solo in rapporto alle tecnologie adottate, ma anche per la carenza di servizi e infrastrutture a corredo dei nuovi quartieri.
    • Il Progetto case è stato affiancato, nelle frazioni e nei comuni più piccoli, dal progetto M.A.P (Moduli Abitativi Provvisori), che comprendeva la costruzione di alloggi mono-piano e bi-piano. Questo intervento può essere considerato una buona pratica. Si è trattato in questo caso di strutture modulari prefabbricate in legno, nella maggior parte dei casi dotate di servizi e di elevati standard di isolamento termico, con possibilità di assemblaggio in tempi relativamente brevi; nella maggior parte dei casi le pareti sono costituite da pannelli isolanti prefabbricati in legno assemblati attraverso un sistema ad incastro e da una struttura in metallo. L’edificio è appoggiato su una struttura portante in legno che lo solleva dal piano di posa, oppure ancorato al terreno con fondazioni a viti metalliche, o su platee in c.a. appositamente predisposte prima dell’assemblaggio in loco.
    • Per il Sisma del Centro Italia del 2016 è stata scelta la tipologia edilizia del S.A.E. (Soluzioni Abitative in Emergenza) di cui all’Accordo Quadro approvato con decreto del Capo del Dipartimento della Protezione Civile, per la sistemazione a medio periodo degli sfollati. Per le S.A.E., evoluzione dei M.A.P., viene considerata la possibilità di porre i moduli in adiacenza e/o su due piani fuori terra, in rapporto alle aree utili individuate dalle Amministrazioni coinvolte dagli eventi sismici.

    Le criticità di questi sistemi sono legate allo scarso comfort acustico e ambientale di alcune tipologie, che non hanno tenuto in considerazione l’aspetto psicologico, generando straniamento, la mancanza di pianificazione o la mancanza del mantenimento dei rapporti di comunità.

  8. Cosa abbiamo imparato:

    Possono quindi essere considerate buone pratiche quelle relative in genere ad alloggi temporanei realizzati con struttura leggera che consente il montaggio a secco garantendo economicità, modularità, possibilità di trasformazione nel tempo al variare del fabbisogno, flessibilità, rapidità del cantiere, resistenza, comfort per una permanenza medio-lunga, durabilità, reversibilità e riciclo-riuso.

  9. Fonte:

    Tesi Finale Master I livello in Management tecnico-amministrativo post-catastrofe negli enti locali.

    Studente: Elena Colimberti – “ABITAZIONI PER L’EMERGENZA. L’applicazione di sistemi costruttivi a secco con ossatura portante
    metallica in CFS (profili in acciaio formati a freddo). Analisi delle potenzialità del sistema costruttivo nella gestione di stati di emergenza.

    https://territoriaperti.univaq.it/documenti-master-2019/

  1. Ultimo aggiornamento: Aprile 2020
  2. Obiettivo:

    Il Comune di Torricella Sicura è collocato nella zona collinare e montana della provincia di Teramo. L’obiettivo dello studio è quello di descrivere le attività che l’Amministrazione Comunale ha posto in essere a seguito degli eventi sismici del 24 agosto 2016 e delle successive repliche del 30 ottobre 2017 e del 18 gennaio 2018. In particolar modo, si vuole porre l’attenzione sull’attività svolta dall’Ente per quanto riguarda la realizzazione di un insediamento di S.A.E. (Soluzione Abitative Emergenziali) al fine di dare un’abitazione a quei cittadini che hanno avuto la propria abitazione distrutta o inagibile.

  3. Ente: Comune di Torricella Sicura
  4. Tipo di Disastro: SISMA
  5. Anno: 2016/2017
  6. Descrizione:

    Nella fase Post-Emergenziale oltre a proseguire le attività della fase precedente, l’Amministrazione Comunale, nel settore della Protezione Civile, si è subito attivata per cercare delle soluzioni abitative per coloro che avevano la propria abitazione inagibile; a tal proposito il Comune ha messo in atto tutte le procedure necessarie per la realizzazione di 49 SAE (Soluzioni Abitative di Emergenza), di cui un’ unità è stata istallata in località Calcara di Poggio Rattieri, mentre le altre 48 sono state installate nel capoluogo. 

    Le SAE sono una forma di assistenza alla popolazione dei territori colpiti da eventi sismici, predisposta considerando i tempi medio-lunghi per la ricostruzione degli edifici danneggiati e ha l’obiettivo di permettere ai cittadini di rimanere nei territori colpiti fino al completamento della ricostruzione.

    Esse sono delle unità abitative antisismiche e a risparmio energetico adatte a qualsiasi condizione climatica; sono predisposte in modo tale da essere smontate e riconvertite; hanno una metratura di 40 mq., 60 mq. e 80 mq.; sono prive di barriere architettoniche e, pertanto, possono essere accessibili a persone disabili.

    Il Dipartimento della Protezione Civile, dopo poche settimane dagli eventi sismici del 24 agosto 2016, ha iniziato a lavorare per assicurare ai cittadini aventi la propria abitazione inagibile o in zona rossa una sistemazione abitativa di lungo periodo da utilizzare fino alla ricostruzione della propria casa.

    Le Regioni d’intesa con i Comuni, dopo le necessarie verifiche di idoneità idro-geo-morfologica, individuavano le aree assicurando la preferenza delle aree pubbliche rispetto a quelle private oltre che il contenimento del numero delle aree, pur nel rispetto delle esigenze abitative dei nuclei familiari.
    In generale la realizzazione delle SAE avviene in quattro fasi:

    • Consegna dell’area idonea
      La Regione consegna l’area alle imprese per la progettazione; ciò avviene previa verifica da parte della Regione, dell’idoneità idro-geo-morfologica, dell’area individuata dal Comune. Nel caso di un’area privata, i Comuni predispongono gli atti per l’immissione in possesso ed eventualmente l’esproprio.
    • Urbanizzazione
      Sulla base del progetto esecutivo, la Regione indice una gara ad evidenza pubblica per l’urbanizzazione dell’area; con la consegna dei lavori alla ditta vincitrice della gara inizia la fase di realizzazione. Di solito, gli allacci di luce, acqua, gas, sono completati in un secondo momento. A volte l’urbanizzazione può essere affidata alle forze armate: in questo caso la procedura di gara non viene espletata.
    • Inizio dell’installazione
      L’inizio dell’istallazione coincide con la fase di montaggio delle SAE: si posizionano i moduli sulle platee e successivamente vengono montati gli arredi all’interno di ogni unità abitativa.
    • Consegna al Sindaco
      L’ultima fase prevede la consegna al Sindaco delle SAE. Dopo la consegna il Sindaco assegna le SAE ai cittadini che ne hanno fatto richiesta. In alcuni casi la riconsegna delle aree con le SAE è avvenuta prima dell’ultimazione dei lavori di urbanizzazione.

    L’insediamento più numeroso in Abruzzo è quello di Torricella Sicura, realizzato in Torricella Sicura Capoluogo, dove è stato realizzato un villaggio di 48 SAE, seguito da quello di Montorio al Vomano dove è stato realizzato un insediamento di 44 SAE.

    L’insediamento più importante è quello che è stato realizzato a Torricella Sicura capoluogo. Esso è composto da 48 unità abitative di cui 8 di mq. 40, 28 di mq. 60 e 12 di mq. 80. Il suddetto insediamento è il più grande della Regione Abruzzo, in relazione al numero di SAE installate.

    La SAE di Località Calcara di Poggio Rattieri nel Comune di Torricella Sicura è un’unità abitativa di emergenza di 60 mq. Essa è stata realizzata su di un terreno che i richiedenti hanno ceduto a titolo gratuito all’Amministrazione Comunale di Torricella Sicura. Detta area avente la consistenza di 500 mq. è ubicata nelle vicinanze della linea idrica, elettrica e fognante.

  7. Criticità:

    In un primo momento la volontà dell’Amministrazione Comunale era stata quella di realizzare più insediamenti SAE da dislocare nel territorio comunale, attraverso l’ubicazione in alcune frazioni che risultavano baricentriche rispetto ad alcune porzioni di territorio. Tale intenzione nasceva dall’esigenza dell’Amministrazione Comunale di evitare o di limitare lo spopolamento delle aree interne che, già nel corso degli anni avevano subito uno spopolamento e che a seguito degli eventi sismici si era aggravato ancora di più.
    A tal proposito, oltre all’area di località Calcara della Frazione di Poggio Rattieri, venivano individuate altre aree tenendo conto delle caratteristiche idro-geo-morfologiche e della presenza, nelle vicinanze delle urbanizzazioni, quali le reti idrica, elettrica e fognante indispensabili per poter realizzare un insediamento di alloggi di emergenza.

  8. Cosa abbiamo imparato:

    La SAE realizzata in Località Calcara di Poggio Rattieri rappresenta un prototipo di SAE ubicata all’interno di un territorio pedemontano che, oltre ad essere soggetto ad eventi sismici, è soggetto a particolari condizioni climatiche in cui possono verificarsi frequenti nevicate anche di notevole intensità, così come è successo nella seconda decade del gennaio 2017, quando si sono succeduti tre eventi sismici di magnitudo superiore al quinto grado della scala Richter.
    In questo caso, il Comune di Torricella Sicura ha messo in atto una buona pratica, acquisendo un’area gratuitamente e senza esborso di denaro pubblico, permettendo la costruzione in tempi brevi della SAE. Ciò ha permesso ai richiedenti di poter utilizzare un’unità abitativa antisismica rimanendo nel luogo dove avevano vissuto fino a prima degli eventi sismici del 2016 e del 2017. In realtà alcune di queste aree erano di proprietà privata ed avevano una destinazione d’uso edificabile, pertanto ciò avrebbe portato a una dilatazione dei tempi a causa delle procedure di esproprio, oltre che ad un esborso ulteriore di denaro pubblico. Inoltre, l’Amministrazione Comunale ha avuto diversi incontri con la Protezione Civile Regionale per l’individuazione delle aree più idonee allo scopo. Da questi incontri con la Protezione Civile Regionale è maturata l’ipotesi (supportata dalla stessa Protezione Civile) di individuare un’unica area dove realizzare un villaggio SAE.

  9. Fonte:

    Tesi Finale Master I livello in Management tecnico-amministrativo post-catastrofe negli enti locali.

    Studente: Marcello di Giuseppe – “Sisma Centro Italia 2016 – Fase Post-Emergenziale. La realizzazione del Villaggio SAE e la procedura per la demolizione e ricostruzione dell’edificio sede del Municipio. Caso studio: Comune di Torricella Sicura

    https://territoriaperti.univaq.it/documenti-master-2019/

  1. Obiettivo:

    Il lavoro ha come obiettivo raffronto tra esperienze analoghe, afferenti a condizioni tra loro diverse che hanno visto l’adozione di soluzioni abitative provvisorie.

    Nello specifico vengono poste a confronto le vicende successive agli eventi sismici di L’Aquila (2009), dell’Emilia Romagna (2012) e del Centro Italia (2016/2017), in riferimento alla conseguente emergenza alloggiativa.

  2. Ente: Cratere 2009 - Cratere 2012 - Cratere 2016/2017
  3. Tipo di Disastro: SISMA
  4. Anno: 2006/2012/2016/2017
  5. Descrizione:

    Sisma 2009

    Il sisma del 6 aprile 2009 ha colpito in particolare il territorio della città di L’Aquila e di altri Comuni soprattutto della medesima Provincia – costituenti il cd. Cratere Sismico, per un totale di n.56 Comuni – in cui il terremoto ha raggiunto almeno il 6° grado della Scala Mercalli Ad interessare il tessuto insediativo nella sua generalità, quindi immobili tra loro differenti per ubicazione geografica, destinazione, conformazione, tecnologia costruttiva. 
    Nei giorni subito successivi alla forte scossa sismica del 06 aprile 2009, decretato lo stato emergenziale, la popolazione sfollata – circa 60.000 persone – venne accolta in tendopoli allestite per gestire l’emergenza.
    Gradualmente le tendopoli sono state dismesse e gli ospiti hanno potuto scegliere tra forme di assistenza alternative, rese disponibili dalla specifica normativa ad hoc predisposta dal Governo Centrale, nel dettaglio:

    • Contributo per l’Autonoma Sistemazione (C.A.S.) ovvero un sussidio statale, per chi avesse provveduto a trovarsi autonomamente una sistemazione, senza utilizzare le strutture messe a disposizione dalla Protezione Civile.
    • Ospitalità presso alberghi convenzionati con la Protezione Civile.
    • Assegnazione di soluzioni abitative messe a disposizione dalla Protezione Civile, vale a dire: 1) Moduli Abitativi Provvisori (M.A.P.) 2) Complessi Antisismici Sostenibili Ecocompatibili (C.A.S.E.) in città di L’Aquila.

    Ad un anno dal sisma lo stato dell’accoglienza degli aquilani era così articolato:

    • 14.462 erano negli appartamenti del progetto C.A.S.E..
    • 2.053 nei M.A.P..
    • 3.000 circa avevano fatto accesso a locazioni concordate.
    • 27.316 avevano chiesto ed ottenuto il predetto CAS, optando per la sistemazione autonoma presso amici e parenti.

     

    Sisma 2012

    Nel sisma del 21 maggio 2012 e seguenti, ad essere maggiormente interessata è stata la porzione settentrionale della Regione Emilia Romagna, tra le province di Reggio Emilia, Modena, Ferrara e Bologna; con il conseguente coinvolgimento di un territorio di grande estensione, molto densamente popolato con 550.000 abitanti.

    Le soluzioni abitative provvisorie adottate sono state del tipo Prefabbricati Modulari Abitativi Rimovibili (P.M.A.R.), che in numero di circa 800 hanno contribuito ad ospitare i nuclei familiari interessati; la cui consistenza è poi diminuita per effetto dell’opzione per la locazione temporanea di alloggi, con canoni a carico del fondo del Commissario delegato.

     

    Sisma 2016/2017

    Il giorno 24 agosto 2016 un terremoto di magnitudo 6.0 della Scala Richter – con epicentro situato lungo la Valle del Tronto, tra i comuni di Accumoli (RI) e Arquata del Tronto (AP) – ha interessato i territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria; colpite da successivi, forti eventi sismici che hanno causato consistenti danneggiamenti al costruito e conseguenti perdite di vite umane, feriti e sfollati.

    Molti nuclei familiari hanno avuto la propria abitazione principale, danneggiata dal sisma e si sono viste costrette a reperire alloggi alternativi; in un primo momento presso parenti e amici e poi accedendo alle proposte del Comune, Ente di prossimità che coordinandosi con la Protezione Civile Regionale, a sua volta referente del Dipartimento della Protezione Civile ha, tra l’altro, gestito le iniziative tese a garantire prontamente ai nuclei familiari interessati un tetto sotto cui vivere, nelle more della riparazione della propria abitazione resa inagibile dal sisma.A tal fine le forme di assistenza alla popolazione, accessibili previa richiesta e successiva verifica circa il possesso di specifici requisiti, sono state le seguenti:

    • Contributi per l’Autonoma Sistemazione (C.A.S.).
    • Ospitalità alberghiera.
    • Soluzioni Abitative in Emergenza (S.A.E.):
      • n° di insediamenti S.A.E. realizzati: 228
      • n° di manufatti S.A.E. presenti: circa 1.900.
  6. Criticità:

    Fra le criticità che si possono attribuire a questo tipo di soluzioni, si possono evidenziare:

    • Il degrado che subiscono per forza di cose le strutture durante gli anni, essendo per l’appunto provvisorie.
    • I danni psicologici e di salute pubblica che il “vivere” all’interno delle strutture abitative per l’emergenza comporta.
    • La superficialità nel progettare gli spazi tra manufatti come spazi di relazione ha comportato un vero e proprio spaesamento, oltre che senso di insicurezza presso la popolazione ivi ospitata.
    • Mancanza delle relazioni di prossimità legate alla fruizione di servizi essenziali ed allo svolgimento di azioni di vita quotidiana prima spontanei, quali ad esempio andare a piedi a fare la spesa, a lavoro, a fare una passeggiata. Con il conseguente indebolimento della rete sociale che lega la comunità degli individui, soggetti in tal modo a spaesamento, solitudine, senso di insicurezza, da cui scaturiscono abbandono ed incuria.
    • La distanza tra gli spazi che ha soppiantato la prossimità tra luoghi.
  7. Cosa abbiamo imparato:

    Il decorso delle tre distinte vicende, restituisce aspetti che le rendono vicine e che potrebbero costituire lo spunto di riflessione/studio, da cui ricavare gli strumenti metodologici ed operativi da impiegare in future situazioni emergenziali:

    • Intensificare la sensibilizzazione rispetto ai temi della tutela dell’ambiente (con particolare riguardo al contenimento dell’esposizione al rischio) e della gestione di situazioni impreviste ed imprevedibili.
    • Acquisire e fare propri, comportamenti e prassi quotidiane così da affrontare con maggiore consapevolezza situazioni improvvise di non disponibilità delle condizioni di confort che sono ormai proprie del nostro vivere quotidiano. Ed il cui venir meno rende oneroso un ritorno quanto più immediato ad una quotidianità ordinaria.
    • Prestare maggiore attenzione all’allestimento di spazi di permanenza – soprattutto dei moduli provvisori – che per loro natura accolgono i nuclei familiari il cui rientro nella propria abitazione inagibile, non è immediato.
    • Implementare ulteriormente il supporto psicologico alla popolazione coinvolta da eventi calamitosi.
  8. Fonte:

    Elena Pucci – “La riconversione dei moduli abitativi temporanei. Dallo stato di emergenza al consolidarsi nel tessuto insediativo.” – Master Territori Aperti A.A. 2020/2021

  1. Obiettivo:

    Il lavoro ha come obiettivi:

    • Porre l’attenzione sulle varie tipologie di emergenza che si sono registrate negli ultimi anni, sia in Italia che a livello internazionale.
    • Analizzare l’evoluzione che ha interessato il campo dei rimedi abitativi temporanei, ideati per arginare o quantomeno limitare i disagi causati dai disastri naturali.
    • Definire ed inquadrare il concetto di emergenza, classificando e argomentando le varie caratteristiche e ponendo particolare attenzione soprattutto sull’attività di ricerca e monitoraggio che risulta propedeutica alla gestione della catastrofe.
    • Analizzare da vicino il problema dell’emergenza abitativa post – catastrofe.
  2. Ente: Confronto Emergenze Sismiche
  3. Tipo di Disastro: SISMA
  4. Anno: VARI
  5. Descrizione:

    Il costante verificarsi di emergenze e la continua necessità di soccorsi abitativi ha portato il tema della temporaneità, del provvisorio e della qualità abitativa ad un raffronto con la programmazione degli interventi di soccorso delineando i processi di sviluppo e della pianificazione per l’emergenza e della progettazione degli alloggi temporanei. E’ da considerare anche la necessità di una progettazione di sistemi abitativi temporanei ad alta densità, cioè che siano in grado di dare ricovero immediato ad un gran numero di sfollati che il costo sia contenuto, sia di facile istallazione e che nello stesso tempo abbiamo un confort abitativo adeguato per il tempo necessario alla ricostruzione.

    • Il terremoto di Skyopje (1963): venne definita una Planning Strategy articolata per fasi e tipologie di intervento. La seconda fase ha previsto l’allestimento dei sistemi abitativi provvisori. L’esperienza di Skopje vide l’impiego di abitazioni temporanee studiate in occasione di un concorso di architettura organizzato dall’Unesco e poi realizzate impiegando manodopera e materiali locali. Questa scelta fu uno degli elementi di successo della strategia di ricostruzione della città. Le autorità locali richiesero la costruzione di alloggi temporanei che potessero poi essere riconvertiti una volta finita l’emergenza in laboratori o strutture per l’agricoltura. Il processo di ricostruzione che però è durato più del previsto (12 anni) ha fatto si che alcuni siti si trasformassero in insediamenti permanenti, inoltre le difficoltà della localizzazione degli insediamenti stessi, hanno alimentato il dibattito internazionale sulla necessità di programmazione del territorio e progettare già nella fase di redazione del piano degli spazi flessibili che in caso di necessità possano essere utilizzati per ospitare abitazioni temporanee.

     

    • Il terremoto di Spitak (1988): è stato realizzato il Villaggio Italia, sviluppato secondo criteri di compatibilità ambientale nonostante l’assenza di presupposti organizzativi. L’attenzione verso un sistema abitativo attento alla scala insediativa, con una proiezione futura di vivibilità che è andata oltre la previsione di un ciclo di vita breve. Villaggio Italia è frutto dei soccorsi italiani intervenuti subito dopo il terremoto. Era composto da 300 case prefabbricate, un ambulatorio con la farmacia, una cucina, un asilo, una grande sala utilizzabile come chiesa, due scuole elementari e medie. L’impiego dei moduli abitativi SAPI (Sistema Abitativo di Pronto Impiego), caratterizzati da facilità di trasporto e di montaggio, ha agevolato l’organizzazione del sito e velocizzato la realizzazione dell’insediamento. L’obiettivo principale è stato quello di far corrispondere a un volume minimo nella fase di trasporto un volume massimo nella fase di esercizio.

     

    • Il terremoto in Turchia (1999): l’emergenza abitativa di questo disastro è stata fronteggiata con l’allestimento delle Paper Log House progettate da
      Shigeru Ban, quale utilizza tubi di cartone riciclato di diverso diametro come elementi strutturali e concepisce abitazioni semplici e di facile realizzazione con materiali e manodopera locali. Ciò rende le abitazioni facili da costruire anche dalla manodopera locale. Il cartone si dimostra un ottimo materiale da impiegare nei contesti dell’emergenza, grazie alla facilità di trasporto ed impiego.

     

    • Il terremoto del Friuli (1976): il processo di ricostruzione che si instaura però, apre dibattiti e questioni nuove che portano a quello che oggi viene ricordato come “modello Friuli”. una prima fase di soccorso alloggiativo in cui i senzatetto furono insediati in tendopoli e roulotte :un intervento d’urgenza al quale è seguita nell’immediato l’organizzazione di un’assistenza alloggiativa temporanea. Fu approntata una prima fase di soccorso alloggiativo in cui i senzatetto furono insediati in tendopoli e roulotte: un intervento d’urgenza al quale è seguita nell’immediato l’organizzazione di un’assistenza alloggiativa temporanea. Il soccorso abitativo a lungo termine si è organizzato attraverso l’ospitalità degli sfollati presso le strutture alberghiere del litorale e attraverso la realizzazione di insediamenti temporanei. La scelta delle aree è avvenuta verificando prevalentemente la vicinanza rispetto ai centri abitati danneggiati, la raggiungibilità delle aree con i mezzi di soccorso, la disponibilità delle risorse produttive locali, la configurazione del terreno, la sicurezza idro-geologica, la suscettibilità di allacciamento alle reti infrastrutturali.

     

    • Il terremoto in Abruzzo(2009): la gestione dell’emergenza abitativa post-sisma ha seguito due strategie differenti anche sulla base della dimensione dei centri urbani colpiti e compresi nel cratere sismico. Uno degli aspetti fondamentali da rispettare nella realizzazione degli alloggi di emergenza è il rispetto del tessuto sociale originario. L’obiettivo principale era quello di mantenere il più possibile le persone vicine alle abitazioni da ricostruire. Tale esigenza è stata soddisfatta con l’impiego dei M.A.P. (Moduli Abitativi Provvisori). Il problema abitativo, visto l’importante numero di sfollati, non potè essere arginato solo con costruzioni tipologiche“ a misura d’uomo” prediligendo le tipologie a schiera o casa singola monopiano Si è reso necessario individuare una soluzione ad “alta densità “ per poter alloggiare decine di migliaia di persone in tempi brevi e in condizioni confortevoli. Il progetto C.A.S.E. è stato realizzato all’interno dei confini del comune dell’Aquila ha permesso di soddisfare la richiesta di abitazione per il 50% della domanda abitativa. Il progetto si è sviluppato in 19 aree con una media di una decina di edifici a tre piani per zona, per un totale di 185 condomini e quasi 15.000 persone ospitate. Gli edifici derivano da alcuni progetti diversi, ma in genere hanno in comune l’appartenere una media di 25 appartamenti di varie dimensioni per ognuno, dei garage e dei posti auto nel piano interrato.
      Gli obiettivi principali del progetto C.A.S.E. sostanzialmente erano fornire un’abitazione provvisoria ma che non fosse vista come tale nella sua struttura ma avesse caratteri di “permanenza” e sicurezza, costruite in temi rapidi per sopperire al bisogno di togliere dalle tendopoli le persone in vista dell’inverno. Altro obiettivo era sicuramente quello di avere edifici sostenibili che garantissero una buona qualità di vita e le prestazioni per un buon comfort. Gli elementi tecnologici sono stati progettati per garantire elevate prestazioni e bassi impatti ambientali verso un’autosufficienza impiantistica.

     

    • Il terremoto nel Centro Italia (2016): Per fornire un’assistenza immediata a Protezione civile ha subito allestito alcune aree di ricovero dove sono state installate le tende. Nei mesi successivi, a causa dell’arrivo dell’inverno, si è deciso di predisporre i campi per container ad uso abitativo destinati all’accoglienza a breve termine. Successivamente il Dipartimento ha stipulato accordi-quadro con le società vincitrici per l’allestimento dei campi base. I campi base, che comprendono alcuni servizi comuni, sono poi ampliati con l’istallazione di moduli container a uso abitativo e di servizio. Una parte della popolazione venne ospitata nelle strutture abitative antisismiche disponibili tra quelle già realizzate dallo Stato dopo il sisma in Abruzzo del 2009 e in Umbria del 1997.Per assicurare l’assistenza per tempi medio-lunghi vennero proposte le Strutture Abitative di Emergenza (SAE). Queste ultime erano destinate a chi era in possesso di casa inagibile zona rossa o con esito di rilevazione del danno più grave .
  6. Criticità:

    Tra le criticità riscontrate nelle varie soluzioni proposte per rispondere all’emergenza abitativa a seguito di un disastro naturale , evidenziamo:

    • Le decine di Ordinanze e decreti urgenti per definire le competenze e per normare la procedura inerente all’emergenza, che hanno portato ad una mancanza di un testo unico generale che raggruppasse tutti gli aspetti del problema.
    • La criticità principale dei  M.A.P. è il non essere in grado di assorbire un’emergenza abitativa ad alta densità a seguito di eventi catastrofici, ovvero cercando di mantenere tutta la popolazione nei propri territori, vicino alle proprie case.
    • Riguardo il problema dello smontaggio e della dismissione il capitolato speciale d’appalto allegato al bando di gara per la fornitura dei M.A.P. riporta un articolo relativo alla loro smontabilità, che prescrive come ogni elemento dovrà essere recuperabile e riutilizzabile. Non vengono però fornite ulteriori indicazioni rispetto a quali fossero le procedure per affidare le lavorazioni di smontaggio, così come le risorse e la destinazione ultima dei moduli una volta smontati.
    • La decisione di utilizzare per i M.A.P. come unico materiale il legno al fine di renderli il più reversibili possibile, ha portato ad una saturazione di tutto il mercato produttivo europeo.
    • La scelta di posizionare basamenti in c.a. su terreni stabilizzati, rende ancora più complessa la reversibilità degli interventi, e delle aree che ospitano questi centri.
    • La scelta di creare “quartieri C.A.S.E.” con la prerogativa della permanenza ha prodotto una moltiplicazione di periferie e appesantito molti nuclei frazionali e modificato una già critica situazione della mobilità.
    • Il progetto C.A.S.E.  ha come criticità principale quella di essere transitorio nell’uso ma permanente nella struttura. Sebbene, infatti, i singoli edifici siano per la maggior parte realizzati con tecnologie a secco, per cui potenzialmente smontabili una volta assolta la loro funzione, non sono però reversibili, a causa delle piattaforme su cui insistono, che risultano essere un elemento di elevato impatto, sia economico che territoriale;
    • Le SAE sono state concepite come modello unico e standardizzato, e l’impossibilità di adattarle a condizioni climatiche e orografiche differenti è un grosso limite per un potenziale riutilizzo.
    • Come per i M.A.P. e per il progetto C.A.S.E., la realizzazione degli scavi di fondazione e l’ubicazione delle SAE in zone non urbanizzate, con il conseguente sbancamento dei terreni per realizzazione delle opere, le colate di cemento per la realizzazione delle fondazioni comportano un improbabile ripristino del territorio originario e sicuramente un forte impatto a livello naturalistico e ambientale.
  7. Cosa abbiamo imparato:

    Il terremoto del Friuli, anticipando i tempi, ha messo ben in evidenza la valenza di forme di auto organizzazione e di ricostruzione dal basso.
    La soluzione proposta per fronteggiare l’emergenza, fu quella di predisporre degli insediamenti provvisori in prossimità dei centri abitati permettendo la rapida ricomposizione delle unità di vicinato. I benefici di tali strategie si sono sentiti nel medio periodo dal momento che complessivamente il periodo di permanenza negli insediamenti provvisori, in attesa del completamento del processo ricostruzione dell’esistente è durato mediamente da 5 a 10 anni. Il fatto di poter mantenere il più possibile i tradizionali rapporti di vicinato e allo stesso tempo di poter verificare il procedere dei lavori di riparazione o ricostruzione della propria casa e del proprio borgo ha influito positivamente sugli abitanti contribuendo enormemente al progressivo ristabilimento degli equilibri alterati dal trauma dell’evento sismico. I punti a favore della strategia attuativa posta catastrofe nell’esperienza Friuli è stato che la ricostruzione è considerata come occasione di sviluppo in quanto ebbe come obiettivo anche il progresso economico-sociale e la salvaguardia del patrimonio etnico e culturale della popolazione.

     

  8. Fonte:

    Sara Scimia – “Abitazioni temporanee per l’emergenza abitativa” – Master Territori Aperti A.A. 2020/2021

Chiara Capannolo
Chiara Capannolo